Partnership al progetto
IL CLIENTE
INTERVISTA AL CAPO
DELL’ASSOCIAZIONE ANTROPOS.
La vostra
associazione di occupa di aggregazione giovanile. In che modo fate presa sulla
gente?
Tutto nasce nel 1998-99 come centro di aggregazione per
ragazzi segnalati dai servizi, in particolare dalla ASL. Ma prima di iniziare
vorrei spendere due parole sui servizi del quartiere.
Ci troviamo in Viale Giorgio Morandi (zona Tor Sapienza) e
queste qui sono tutte case popolari realizzate tra il ’70/’80 anche se la
volontà iniziale era quella di farlo essere una zona di attività commerciale e
servizi. Col tempo si perde questa finalità e la zona viene occupata, facendo
così andare via i servizi e diventa un po’ come le zone di Casale Caletto e
Corviale, infatti ancor oggi i figli degli architetti e ingegneri progettisti
difendono questo loro patrimonio. L’Ing. Gatti è stato il progettista di tutta
questa zona.
Nascono tensioni tra residenti e occupati fino ad arrivare
all’assalto al centro di accoglienza che ha richiamato l’attenzioni delle
maggiori cariche politiche e siamo finiti cosi su tutti i giornali.
Ritornando a noi, iniziamo con ragazzi segnalati dai servizi
e con ragazzi incuriositi che ci vedono nel quartiere, facendo cosi un mix tra
queste due diverse realtà.
Prima mi parlavi di coinvolgimento del tessuto locale, ecco
a noi ci ha sempre caratterizzato il concetto di “enpowerment”,ossia, io potrei
anche andare a fare il centro diurno più “figo” del mondo ma vado sempre ad
occupare quattro ore del tuo tempo, perciò se non provi a cambiare il contesto
sociale che hai intorno rimani sempre debole.
Con la Giunta Veltroni siamo riusciti a realizzare il parco
del Barone Rampante e il ponte di legno lamellare sopra Via Giorgio de Chirico,
ossia la volontà è stata quella di collegare la zona di Tor Sapienza con tutta
questa parte popolare, dove venivano tutti visti come i brutti, sporchi e
cattivi.
Quindi riuscimmo a realizzare questo parco pubblico, che
prevalentemente era utilizzato come discarica, cercando di creare una zona di
verde e tentando di instaurare un nuovo rapporto di socialità per l’intero
quartiere, rifancendoci un po’ a quel modello presente già dall’Antica Grecia
in cui le abitazioni venivano fatte intorno alla piazza.
Quindi col nostro saper fare, grazie alle figure che abbiamo
all’interno della nostra Cooperativa come educatori, psicologi e assistenti
sociali, creiamo questa nostra attività per conto nostro, dando lavoro
all’incirca a trenta persone.
Tutto questo per dirti che nel rapporto con la cittadinanza
abbiamo sempre cercato di coinvolgere i cittadini e da quasi vent’anni che
siamo qui ormai conosciamo l’ambiente.
Abbiamo recuperato un ex edificio di custodi dei palazzi che
era diventato un deposito di mobili, cosi lo abbiamo ristrutturato e ci abbiamo
fatto una ludoteca per bambini, cercando quindi di dare subito un’impronta
positiva a questi ragazzi che crescono in questa realtà che oggi è fortemente
connotata per lo spaccio. Provi perciò a dare dei modelli!
Abbiamo creato una mini zona di parco giochi cercando di
ricostruire quella socialità mancante nel quartiere.
Qui la crisi la respiri, qui la gente perde il lavoro,
abbiamo il campo nomadi più grande d’Europa qui dietro, il mercato della
prostituzione transessuale qua sotto, il mercato della prostituzione minorile
dall’altra parte e apriranno a breve un centro di accoglienza per cinquanta
minori stranieri e settanta adulti.
Attualmente stiamo cercando di ricostruire questo livello di
socialità che si stava perdendo.
Stiamo portando avanti un progetto chiamato “Mille Giorni”
ossia i primi tre anni di vita del bambino, aiutando così le mamme in questo
percorso di educazione dove poi il bimbo potrebbe vedere questo nostro centro
come il continuo di un cammino una volta che cresce.
In termini di servizi abbiamo: centro di aggregazione giovanile,
ludoteca per bambini, assistenza domiciliare a minori, progetto “Mille Giorni”
e attualmente abbiamo vinto un progetto di riconciliazione dei tempi
vita-lavoro.
Quale ruolo e quale
peso ha lo sport in questa vostra iniziativa?
Fondamentale! Abbiamo sempre cercato di far presa tramite lo
sport.
Ci siamo sempre cimentati nei classici tornei di calcio
gestiti con altre strutture e da due anni abbiamo messo anche il parkour che
trovi sia qui da noi che al Centro di Torre Maura.
Lo sport è fondamentale anche perché è comunicazione non
verbale. C’è una pessima educazione motoria perché, contrariamente a quello che
sembra, in periferia sono molto pigri e anche per le scarse condizioni
economiche non si nasce con la cultura sportiva e la conferma è data anche
dall’alto tasso di obesità che c’è tra i
giovani.
È bello coinvolgere i ragazzi nello sport!
Per il parkour utilizziamo il quartiere riprendendo alla
fine quella che è la cultura di questo sport. Nel centro di Torre Maura ci è
stata messa a disposizione la palestra, assumendo un operatore che si occupa di
attività sportive motorie con i ragazzi facendo pallavolo, calcio, basket più
una serie di giornate a tema per incuriosire come tiro con l’arco.
Ci sono spazi o
attività più frequentate rispetto ad altre?
Certo che sì! Considera che in Italia abbiamo la cultura del
calcio quindi quando hai a che fare con pischelli di 15-16 anni la proposta è
il pallone poi da questa proposta provi ad agganciarci altre attività.
Rilegandomi a sport
come il parkour, c’è un buon coinvolgimento?
No, o meglio, è difficile perché manca la cultura sotto
questo punto di vista. Le cose vanno perché comunque abbiamo un gruppetto di
6-7 ragazzi che partecipano assiduamente ma siamo lontani da numeri raggiunti
col pallone dove coinvolgi 15-20 ragazzi.
La mia idea è quella
di una progettazione di un parco urbano con poli didattici per sport da strada,
con la volontà anche di far emergere culture artistiche poco prese in
considerazione al giorno d’oggi. Se dovesse darmi un consiglio, a quali spazi
darebbe maggior importanza?
Ti faccio un esempio: qui, dall’altra parte della strada
(Viale Giorgio Morandi) abbiamo una palestra gigantesca. Aspetta. Partiamo col
dire che l’attività sportiva ha un costo quindi non sempre ragazzi e famiglie
possono permettersi di farlo. Tutta questa parte è fruita da zone sportive e
quanto vengono fruite dai ragazzi? Beh quelli che possono permettersi di
pagarla si, gli altri no.
Questa palestra è bellissima ma magari è più frequentata da
gente che non fa parte di questo quartiere ma che può permettersi di andarci.
Perciò, se dovessi darti un consiglio, ricordati che una
progettazione non può scindersi dal contesto che va ad occupare.
ROMA, 4.5.2018
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