Studio di un'opera

Gli anni dei contesti e dei palinsesti:1978-87

L'architettura attraversa un momento di continue sperimentazioni e ricerche minoritarie e a partire dal 1978 si sviluppa un linguaggio di rivendicazione a tutto ciò con lo scopo di darle un autonomia e un significato.
Si comincia a guardare all'ambiente, al rapporto con il luogo, con le forme, con le geometrie e il "contesto" diventa il punto di partenza di ogni nuova sperimentazione.


Un momento significativo si ebbe con la Mostra "Roma interrotta" al quale parteciparono una serie di architetti contemporanei a quell'epoca, al quale viene affidato un settore della Pianta del Nolli del 1748, con l'obiettivo di reinterpretarla secondo la sensibilità architettonica personale.
Siamo in un periodo in cui è in crisi l'espansione della città verso fuori e si cerca di lavorare dentro la città, lavorare nel costruito con operazioni di ricucitura, anche per quanto riguarda il rapporto costruito e natura.
La Mostra diventa un mezzo per ogni architetto di esprimere le proprie qualità inserendo nei loro lavori pezzi di opere già realizzate.

Forse l'opera più significativa la realizza Paolo Portoghesi che legge alcuni aspetti della forma urbis di Roma sulla falsariga del paesaggio tufaceo, suggerendo la formazione dei tessuti di età barocca e formando nuovi tessuti e articolazioni urbane. Importante l'uso della sezione vista come motivo generatore.




Alessandro Anselmi, non invitato alla Mostra sviluppa idee originali che mette in mostra in progetti nei quali l'architettura viene vista come insieme di spazi che essa conforma e delimita attraverso l'arma della stratificazione, del frammento.

Da Roma ci si sposta a Berlino dove nasce l'IBA, una società di progettazione nata per strutturare concorsi e coordinare la progettazione per l'Esposizione internazionale di architettura di Berlino del 1984.
Il tema è il rapporto tra architettura e spazio pubblico, spesso racchiuso all'interno di un blocco perimetrale nel quale prevale la rigidezza della separazione tra fronte stradale e spazio privato. Le prime risposte arrivano con Peter Eisenman e Zaha Hadid.





Una via intermedia viene seguita da Portzamparc che, come si vede nel progetto Rue des Hautes-Formes (Parigi), interviene nelle maglie della città esistente attraverso un programma che prevede servizi pubblici al pian terreno e abitazioni ai livelli più alti. Lui chiamerà questo suo modello "l'isolato aperto".





Riepilogando il tutto, il contesto entra con forza nel progetto e ciò significa predisporre attenzioni e conoscenze che saranno diverse di volta in volta.

Avvengono tre fasi:

- Peter Eisenman: si basa su stratificazioni geografiche e su una rilettura critica e dinamica delle situazioni urbane;

- Frank Gehry: lavoro sul contesto residuale, abbandonato e caotico delle periferie urbanizzate (vd. Guggheneim di Bilbao);


- Zaha Hadid: vede il contesto come "tessitura", un 'architettura che lega contesto e paesaggio in un unico lavoro.



Zaha Hadid, Lanscape Formation One
Il Landscape Formation One è un progetto realizzato da Zaha Hadid a Weil am Rhein (Germania) tra il 1997-99.
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 il tema di dibattito diventa il contesto entro cui si deve collocare un’architettura. Ci si stacca, o almeno ci si prova a staccare, dal pensiero dell’industrialismo dove prevaleva la funzione all’interno dell’opera.
Zaha Hadid pone l’obiettivo di un’architettura innovativa, un’architettura che viene definita “del paesaggio”. Si comincia a instaurare un dialogo tra edificio e contesto, tra edificio e paesaggio e il progetto viene visto come un unione di diverse parti; il progetto diventa un’infrastruttura del contesto a cui appartiene.


Nel Lanscape Formation One si assiste ad una architettura nella quale avviene questo intreccio tra le parti, tra i livelli di infrastruttura e tessitura.



Le linee che la generano sono fluide, dinamiche, veloci che sembrano fare a gara tra loro affiancandosi e sovrapponendosi, come flussi di informazione che ci sommergono al giorno d’oggi. Sono linee che generano la formazione di spazi interni ed esterni all’edificio, che non viene visto come “oggetto su un vassoio” ma come elemento complementare del tutto.

Da sud-ovest parte una rampa che conduce tra i tetti della navata est e ovest. Una seconda rampa di accesso si trova sul lato nord-est, caratterizzata da una scala molto allungata.
Lo spazio principale comprende una sala espositiva e una caffetteria che si sviluppa lungo le linee direttrici del sito; gli spazi secondari si innestano nel sottosuolo.
Il tetto è parzialmente coperto da aree verdi, in parte con ghiaia. 




È chiaro anche qui il rimando al sito in cui si trova e al paesaggio che la circonda nel quale si mimetizza.

Interessante dal punto di vista strutturale è la travatura che attraversa il centro di ricerca ambientale trasformandosi in un piano intermedio aperto sulla sala espositiva.
Il suolo viene modellato insieme ai piani dell’edificio, attraverso un nuovo disegno di rapporti e connessioni e l’architettura inizia a comprendere paesaggio, natura e costruito.

Anche la scelta del materiale (cemento faccia a vista) segna un nuovo inizio, una nuova idea che è in funzione del suo risultato formale; un linguaggio asciutto, netto, che esalta maggiormente la manipolazione spaziale.

“L'edificio è movimento congelato. 
Esprime la tensione dello stato di allarme, 
può esplodere in azione in ogni momento”. 
(Zaha Hadid)

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